“Senza Titolo”
operetta in due atti
ispirata dalla poesia di Tommaso Campanella [1568/1639]
“Della Possenza Dell’Uomo”
libretto: Tommaso Campanella
messinscena: Stefano De Angelis e Lorenzo Lustri
scenografie: Marco Ieie
voci registrate: Claudio Torreggiani, Stefano De Angelis, Alessia Grimaldi
suoni e musiche: Stefano De Angelis
oggetti di scena e costumi: kukurukunst collective
in scena: Lorenzo Lustri
Stefano De Angelis
Alessia Grimaldi
Maria Diletta Attenni
Antonio Coluccio
direttore d’orchestra: Arturo Toscanini
coro: il pubblico
“istruzioni per l’uso”
è uno spettacolo interattivo, pertanto
si prega di fare molta attenzione alle istruzioni di seguito,
ne vade un lieto fine dello spettacolo:
ad un certo punto dello spettacolo vi verrà chiesto di intervenire,
nelle vesti del coro
[in quanto assente nell’ensamble ma presente nell’opera]
a recitare, tutti insieme contemporaneamente,
l’ultimo verso del testo
“della Possenza dell’Uomo” di Tommaso Campanella
nessuno vi dirà quando dovrete cominciare a “cantar”
lo capirete durante lo spettacolo…
quando saranno attivi nello stesso momento
due “segnali” quali flash fotografici e suono assordante di un antifurto…
allo spegnersi dell’antifurto VOI potrete cominciare a Recitare la vostra parte,
che è questa:
Pensa uomo, pensa, giubila ed esalta
La prima cagion alta, quella osserva,
Perch’a te serva ogn’altra sua fattura;
Seco ti unisca gentil fede pura,
E ‘l tuo canto del lor vada in più altura.
N.B.: da ripetere in loop finchè non si spengono le luci
DELLA POSSANZA DELL’UOMO di Tommaso Campanella
Gloria a colui che tutto sape e puote,
O Arte mia, nipote al Primo Senno!
Fa qualche cenno di su’immagin bella
Ch’uomo s’appella.
Uomo s’appella, chi di fango nacque:
Senza ingegno soggiacque inerme, ignudo:
Patrigno crudo a lui parve il primo Ente,
D’altri parente.
D’altri parente, a’ cui nati diè forza
Bastante, industria, scorza pelo e squame:
Vincon la fame, han corso, artiglio e corno
Contra ogni scorno.
Ma ad ogni scorno l’uomo cede e plora;
Del suo saper vien l’ora troppo tarda;
Ma sì gagliarda, chè del basso mondo
Par Dio secondo.
E Dio secondo miracol del primo.
Egli comanda all’imo, e ‘n ciel sormonta
Senz’ali, e contra i suoi moti e misure,
E le nature.
Sa le nature delle stelle e ‘l nome:
Perch’altra ha le chiome, ed altra è calva;
Chi strugge, o salva, e pur quando l’eclisse
A lor venisse.
Quando venisse all’aria, all’acqua, all’humo,
Il vento e ‘l mar ha domo, e ‘l terren globo
Con legno gobbo accerchia; vince e vede,
Merca e fa prede.
Merca e fa prede; a lui poca è una terra.
Tuona qual Giove in guerra un nato inerme;
Porta sue inferme membra, e sottogiace
Cavallo audace.
Cavallo audace e possente elefante:
Piega il leon innante a lui il ginocchio.
Già tirò il cocchio del roman guerriero,
Ardir ben fiero!
Ogni ardir fiero ed ogni astuzia abbatte,
Con lor s’orna e combatte, s’arma e corre.
Giardino, torre, e gran città compone,
E leggi pone.
Ei leggi pone come un Dio: egli astuto
Ha dato al cuoio muto ed alle carte
Di parlar arte: e che i tempi distingua
Dà al rame lingua.
Dà al rame lingua, perch’ha divina alma.
La scimia e l’orso han palma, e non sì industre,
Che ‘l fuoco illustre maneggiasse: ei solo
Si alzò a tal volo.
S’alzò a tal volo e dal pianeta il tolse;
Con questo i monti sciolse, ammazza il ferro;
Accende un cerro, e se ne scalda e cuoce
Vivanda atroce.
Vivanda atroce d’animai che guasta:
Latte ed acqua non basta, ogn’erba e seme
Per lui; ma preme l’uve, e ne fa vino,
Liquor divino.
Liquor divino, che gli animi allegra.
Con sale ed olio integra il cibo, e sana,
Fà alla sua tana giorno quado è notte,
O leggi rotte!
O leggi rotte! ch’un sol verme sia
Re, epilogo, armonia, fin d’ogni cosa:
O virtù ascosa, di tua gloria propia
Pur gli fai copia.
Pur gli fai copia, se altri avviva il morto,
Passa altri (e non è assorto) l’Eritreo;
Canta Eliseo il futuro. Elia sen vola
Alla tua scuola.
Alla tua scuola Paolo ascende, e trova
Con manifesta prova Cristo a destra
Della maestra Potestade immensa,
Pensa, uomo, pensa!
Pensa, uomo, pensa, giubila ed esalta
La prima cagion alta, quella osserva,
Perch’a te serva ogn’altra sua fattura;
Seco ti unisca gentil fede pura,
E ‘l tuo canto del lor vada in più altura.
This history is a part of an history more long, and we choose these because are almost near to concept of “patafisica”
“La Formica e la Radice” anche detta “il Verde e il Rosso”
tratto dal libro IV del decalogo del prof. Van Der F [patafisico], ancora da scrivere
Una formica gigante vola sopra di un paesaggio che, prima del suo arrivo, non aveva permesso a nessun altro di godere dei propri frutti.
La formica, forte del fatto che avrebbe potuto volare via in ogni momento, nel caso ci fossero stati pericoli, si adagiò sul delizioso suolo e cominciò ad approfittare di tutte le sue allettanti delizie,
in particolare c’era una strana radice, col corpo verde e le estremità rosso,
la formica, accecata da tale bellezza cominciò a mordicchiare e succhiare tutte le parti in rosso, che erano le più facili da cogliere,
il rosso delresto è anche un colore vivo,
così la formica non esitò e mangiò tutte le estremità della radice, lasciando questa senza alcuna traccia del rosso.
La radice non era più bella e attraente, e la formica, ormai sazia si era accasciata al fianco di essa.
Al suo risveglio era buio, la formica non vedeva più la radice, ormai cofusasi con tutte le altre creature tutte più o meno verde, e pensando che nel tempo del suo riposo qualcuno avesse preso la radice, decise di volare via…
Aveva 6zampe, 4 ali
…e 2 antenne per capire a che altezza doveva volare per sfuggire agli attacchi dei gatti.